A differenza di quanto accade in qualsiasi attività sportiva orientata alla prestazione dove il
problema sembra non porsi, all’interno del mondo dell’allenamento con i pesi orientato
all’incremento della massa muscolare, un argomento molto dibattuto e combattuto è se sia meglio
impostare il proprio programma di allenamento in monofrequenza o in multifrequenza.
Per chi è nuovo del settore e non lo sapesse, l’allenamento in monofrequenza consiste nell’allenare
ogni gruppo muscolare, in modo diretto, una sola volta nel microciclo (che generalmente
corrisponde ad una settimana). Al contrario, in un allenamento in multifrequenza, all’interno del
microciclo ogni gruppo muscolare viene direttamente allenato più volte.
Seguendo l’esempio dei grandi campioni del passato, inizialmente gli allenamenti prevedevano il
ricorso alla multifrequenza, in particolare mediante l’uso massiccio di grandi esercizi multiarticolari
quali squat, stacco, rematore e distensioni sopra la testa solo per citarne i più conosciuti.
Intorno agli anni ’60 tuttavia, questo tipo di allenamento iniziò a venire soppiantato dagli
allenamenti in monofrequenza, seppur applicata in modo diverso a seconda della fase storica: alto
volume, alta intensità o quant’altro.
Guardare solo ai campioni non risulta tuttavia risolutivo. Se da un lato le masse muscolari ai
massimi livelli sono enormemente aumentate nel tempo, il contemporaneo massiccio sviluppo del
doping e del suo uso rende impossibile qualsiasi tipo di confronto tra campioni di epoche diverse
oltre che incolmabile, se già non lo fosse, la distanza tra questi e la persona comune.
Ma in assenza di riferimenti esterni, cosa conviene fare? Qui ci serve un po’ di teoria…
Per capire se un metodo di allenamento è valido ci si rifà normalmente ad almeno sette principi
fondamentali. Vediamoli concisamente:
– Il principio delle differenze individuali: ogni persona è geneticamente unica e ognuno
risponde quindi diversamente ad uno stesso stimolo.
– Il principio della sovracompensazione: ad uno stress applicato l’organismo cercherà di
adattarvisi in modo da poterlo affrontare in modo più efficace la volta successiva.
– Il principio del sovraccarico: la sovracompensazione di cui al punto precedente si verifica
solamente se la sollecitazione applicata è tale da creare uno stress all’organismo.
– Il principio del SAID (Specific Adaptation to Imposed Demands): l’organismo risponderà
allo stress ricevuto attraverso un adattamento tale da affrontare al meglio quel specifico
tipo di sollecitazione. Ad esempio migliorerà la forza limite o l’esplosività o la resistenza o
quant’altro a seconda che ci si alleni rispettivamente per la forza limite, per l’esplosività,
per la resistenza o quant’altro.
– Il principio dell’uso/non uso: l’organismo risponde adattandosi a uno stress ma se tale
stress viene meno oltre a un certo periodo di tempo, l’organismo tenderà a ritornare al suo
stato iniziale.
– Il principio della specificità: Simile al SAID ma specifico per adattamenti di tipo
neuromuscolare o di funzionalità sistemica. Ad esempio se devo fare una maratona dovrò
allenare la resistenza attraverso uno specifico lavoro di corsa o camminata piuttosto che
attraverso il nuoto o la bicicletta.
– Il principio della GAS (General Adaptation Sindrome): Può essere vista come l’insieme di
alcuni dei principi precedenti e prevede tre fasi:
1) la fase di allarme, quando viene applicato uno stress (principio del sovraccarico)
2) la fase di resistenza, quando l’organismo si adatta allo stress ricevuto (principi della
sovracompensazione, del SAID e dell’uso/non uso)
3) la fase di esaurimento, quando la sollecitazione arriva al limite è necessario
rallentare/fermarsi per permettere il recupero e il seguente adattamento
Non è mia intenzione entrare ora nel merito di una trattazione approfondita di ognuno di questi
principi ma semplicemente estrapolarne alcune considerazioni importanti.
Se la risposta a uno stimolo è diversa per ognuno, non sarà mai possibile dire che un metodo è
giusto a prescindere, ma al massimo si potrà valutarne il campo d’azione e non ha quindi alcun
senso chiedersi se sia meglio la monofrequenza o la multifrequenza, bensì in quali situazioni è
preferibile utilizzare l’una piuttosto che l’altra.
Inoltre, per ottenere un risultato è necessario fornire uno stress al quale l’organismo risponderà
adattandosi ma, se lo stimolo non è adeguato, la frequenza di allenamento da sola risulta priva di
significato.
E infine, se lo stimolo è adeguato, quest’ultimo deve venire ripetuto con la giusta frequenza. Se
infatti la frequenza è eccessiva il corpo non ha il tempo di adattarsi allo stimolo mentre se è troppo
diradata l’organismo tenderà a ritornare alla sua condizione iniziale perdendo l’adattamento
ottenuto.
Ma come viene applicato tutto ciò negli allenamenti in mono o multi frequenza? Abbiate ancora un
po’ di pazienza, questo sarà l’argomento del prossimo articolo.